Ghinelli Lorenza - 2012 - Il cantico dei suicidi by Ghinelli Lorenza

Ghinelli Lorenza - 2012 - Il cantico dei suicidi by Ghinelli Lorenza

autore:Ghinelli Lorenza [Ghinelli Lorenza]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Thrillers, General
ISBN: 9788854146785
Google: l_7uKNEWhbUC
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2012-09-04T22:00:00+00:00


Agosto 2006

La casa

Prima che la voce di Dario riprendesse, tronfia e cantilenante, a recitare alla porta la formula magica, imparata a memoria soprattutto grazie ai film, Cesare, in silenzio, aprì la porta. Dario non fu contento di scoprire che Cesare era più massiccio di lui, più giovane e per nulla inquietante, fatta eccezione per i capelli troppo rossi, accesi, e quegli occhi spiritati.

«È lei Cesare Porta?»

«Sì. Io e mia madre stavamo mangiando».

Solo mangiando, è vero, stavamo solo mangiando.

Cesare non si spostò dalla porta.

«Possiamo entrare?», chiese Mattia.

«Certo che possiamo, dobbiamo», rispose Dario; ma Cesare non si scansò dalla porta.

«C’è mia mamma».

Mattia avanzò di un passo superando Dario, fino a trovarsi occhi negli occhi con Cesare. Occhi tristi e arroventati.

«Salve Cesare, sono Mattia Girolomoni e questo è il mio collega Dario Mulazzi. Lei è in stato di fermo. Significa che deve seguirci, dovrà solo rispondere ad alcune domande in merito al delitto che è stato commesso ieri notte al Parco Cervi».

Cesare abbassò lo sguardo e lo tenne fisso e duro sul bavero blu della giacca di Mattia.

«Io… non posso lasciarla sola».

In quel momento, dietro alle spalle di Cesare comparve il volto di Nadia; un volto che non voleva essere visto, ma che voleva vedere.

Perché hai svegliato i fantasmi, Cesare? Loro ti porteranno via, via!

Mattia incrociò lo sguardo di Nadia che si rifugiò dietro al figlio, fino a scomparire. Mattia ritornò a fissare Cesare saldamente.

«Capisco, non vuole che sua madre resti sola. È giusto. Anche io ho una madre anziana. E anche a me non piace lasciarla sola».

«Mattia ma che cazz…».

Mattia incenerì Dario con uno sguardo che non ammetteva repliche. Detestava essere autoritario. Ma sapeva di doverlo essere, e questo bastava.

Nadia prese a tirare, con piccoli scatti della mano, la maglia bianca del figlio.

Entra. Ti porteranno via. I fantasmi lo fanno. Loro possono. Io lo so!

Mattia tornò al suo discorso e agli occhi di Cesare.

«Le dicevo che la capisco. Se vuole aspetteremo l’arrivo di un assistente sociale che possa restare con sua madre».

«Io…».

Nadia strattonava ancora.

«…Io posso rispondere anche qui».

Dario non ci vide più. Gli sembrava tutto assurdo. Parlare con un probabile assassino come se si parlasse al proprio vicino di casa, chiedendogli di prestarti il sale. Era una cosa stupida, surreale, da restarci secchi. Spinse indietro Mattia e alzò la voce.

«Ascoltami bene, noi dobbiamo lavorare, e se tu non vieni di tua volontà ti ci dobbiamo portare con la forza. È chiaro?».

Un lamento secco e soffocato si alzò da dietro le spalle di Cesare. Nadia aveva smesso di tirare e ora si era infilata un lembo della bianca maglia del figlio in bocca, torturandola. Quando la dentiera si scollò prese a masticarla con le gengive nude e rosse. Mordeva per non urlare, per non piangere, per non cedere.

Cacciali via! Loro fanno male, sempre!

Cesare si voltò di scatto.

«Mamma».

La prese per le spalle e cercò di girarla dolcemente, ma lei si ribellò con un rabbioso scatto della schiena. Nadia inchiodò Dario al suo sguardo con furia profonda, mentre il suo viso mutava in un grugno bestiale di paura, sconforto e violenza.



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